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The Kernel Dry Stout Simcoe

Birrificio
The Kernel
Nazione
Inghilterra
Stile
Stout

Stout

Delicate, con un corpo medio ed una carbonatazione moderata, evidenziano note di cioccolato e caffè, con toni secondari di cacao o cereale torrefatto. La cremosità e il tenue fruttato/luppolato donano equilibrio a queste birre.

Colore
Ebano
Grado alcolico
4.3 %
Pinta Bicchiere consigliato
Pinta
FORMATI
The Kernel Dry Stout Simcoe 33cl The Kernel Dry Stout Simcoe 33cl
Prezzo: € 5,60
In arrivo
The Kernel Dry Stout Simcoe 33cl The Kernel Dry Stout Simcoe 33cl - Cartone da 12 bottiglie
Prezzo: € 64,80
a bottiglia € 5,40
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Caratteristiche e degustazioni

Gusto prevalente Amaro   Tipo di fermentazione Alta fermentazione
Gradi Plato 12   Voto RateBeer 97 / 100
Stile Stout   Temperatura di servizio 8/12°C
Formato Bottiglia 33cl   Allergeni Orzo
Dry Stout Simcoe è una Stout realizzata con single hop di luppolo Simcoe. Dal colore scuro i sentori al naso ed al palato sono perfettamente bilanciati tra loro, si percepiscono intense note tostate ed amare di caffè e cioccolato fondente ben equilibrate con le note fruttate conferite dall'utilizzo del luppolo Simcoe. Elegante ed amara al palato.
Abbinamenti consigliati

BBQ e affumicati

Cioccolato

Dolci

Formaggi

Frutti di Mare

Prodotti consigliati

Nazione
Inghilterra
Regione/città
Londra
www
www.thekernelbrewery.com

Storia Birrificio

Ultimo aggiornamento: Dicembre 2018

Costantemente presente nell’Olimpo dei birrifici Mondiali, Kernel, letteralmente “chicco”, nasce nel Settembre del 2009 al 98 Druid Street di Londra, usufruendo inizialmente di un impianto da 650 litri acquistato dalla Porter Brewery Installations. Ci troviamo sotto un vecchio arco ferroviario nel quartiere popolare di Bermondsey, all’interno della circoscrizione londinese di Southwark (oggi uno dei distretti gastronomici più importanti della città), vicino ai magazzini del più importante rivenditore ed affinatore di formaggi artigianali della città (Neal's Yard Dairy) e ai laboratori dove Monmouth Coffee tosta i suoi chicchi di caffè.

Nel marzo del 2012 la brewery si trasferisce nell’attuale sede (Arch 11, Dockley Road Industrial Estate), distante solo dieci minuti dalla dimora originaria, sempre lungo la linea ferroviaria. Qui viene installato un nuovo impianto da 3200 litri con otto fermentatori mentre il vecchio viene rivenduto al birrificio Partizan. C’è spazio anche per una cantina con delle barrique votate agli affinamenti. Il suo papà si chiama Evin O'Riordain; arrivato a Londra nel 1999 da Waterford in Irlanda con una laurea in russo e storia conseguite al Trinity College di Dublino, in una precedente vita vendeva formaggio proprio per Neal's Yard Dairy. La passione per l’homebrewing germoglia dopo un viaggio a New York nel 2007, dove l’azienda casearia l’aveva inviato ad assistere uno dei loro clienti ad aprire un negozio nella parte più a Est di Manhattan; qui, nelle sere passate nei bar, scopre la birra artigianale statunitense e l’allora Craft Beer Revolution.

Evin viene folgorato dal palcoscenico craft americano per due motivi principali: uno legato alle abbondanti e fresche luppolature e alle sperimentazioni stilistiche, l’altro ed in particolar modo, per le capacità d’illustrazione e chiarimenti che gli operatori del caso sapevano dare. Restò colpito dalla possibilità di trattare le birre con la stessa attenzione che era dedicata ai formaggi artigianali poiché, nella medesima maniera con cui lui illustrava la storia di ogni formaggio che vendeva, della fattoria, delle pecore, del mangime, dell'erba, il barista aveva la capacità di esporre che "questa birra è fatta per questa ricetta, per questo motivo, da quest'uomo e questi i luppoli e i malti utilizzati". Tornato a Londra, ricercò la stessa cosa qui ma a parte alcuni primi pionieri, non c'era molto da trovare. Rintracciò qualcuna delle tanto amate birre che aveva bevuto a New York ma solo per scoprire che la freschezza che aveva ammirato era molto diminuita a causa del lungo viaggio. Di conseguenza, l’unica soluzione plausibile era prodursela da solo e, a tal fine, acquistò alcuni libri del birraio, scrittore e fondatore dell'Association of Brewers e del Great American Beer Festival, Charlie Papazin e cominciò a frequentare uno dei primi club birrai della città (The London Amateur Brewers), dove imparerà come riprodurre gli intensi sapori di agrumi che aveva tanto apprezzato negli Stati Uniti.

Dopo aver accumulato un’esperienza di soli due anni decide, assieme a Toby Munn e Chrigl Luthy (quest’ultimo non più presente nello staff) di aprire un birrificio con un semplice obiettivo: fare una birra che abbia come base la solida e centenaria tradizione inglese ma che si sviluppi sulla scia delle aromaticità americane. Una birra che non passi inosservata e che riesca a comunicare il lavoro e la ricerca che vi sono dietro, che costringa a confrontarsi con l’amarezza persistente del luppolo e le note eleganti del malto. È importante secondo Evin che le persone critichino la sua birra in modo onesto: “solo in questa maniera si riesce ad individuare ciò che non va ed eliminare il problema, migliorando così il prodotto” dichiara. Con questi principi, tuttora categorici, comincia l’avventura di Kernel che, grazie anche piccoli investimenti tecnologici, in poco tempo riesce a realizzare quantità di birra sufficiente per diventare uno, se non il più importante, birrificio artigianale del Regno Unito, l’indiscusso protagonista della New Wave brassicola inglese.

Birre che hanno cambiato il modo di bere e che sono state d’ispirazione per la maggior parte della nuova ondata di birrerie a Londra. Nelle bottiglie, dove già le etichette di eleganza minimale parlano di rigore e coerenza (non ci sono note di degustazione e nemmeno una descrizione, una semplice etichetta in carta marrone fornisce poche informazioni in più rispetto al nome del birrificio e allo stile della birra, poiché Evin è cauto nell'influenzare prematuramente il bevitore), sono contenute birre figlie di una sperimentazione continua condotta sui luppoli, sui malti e proprio sulle ricette più tradizionali.

“Ciò che vogliamo dalle nostre birre è dar loro la libertà di esprimersi” sentenzia O’Riordan. Ogni birra è un'evoluzione intenzionale del lotto precedente:al The Kernel nessun lotto viene replicato o riprodotto esattamente, trattasi per lo più di piccole variazioni della stessa ricetta magari utilizzando luppoli diversi, il che aiuta a spiegare come, ad aprile 2018, il birrificio possa contenere più di 660 birre diverse elencate su RateBeer. Non sorprende quindi che Kernel non abbia una pagina Facebook o un account Twitter e aggiorni solo sporadicamente il suo Instagram. Il suo sito web funziona principalmente come una piattaforma per annunciare eventi, nuove uscite e disponibilità di bottiglie per le vendite settimanali del sabato ma solo da asporto poiché la taproom non è più aperta in questo giorno perché divenuta ingestibile visto il troppo affollamento. Non ha cronache su O'Riordain o sulla storia del birrificio, nessun archivio di birra o descrizioni, niente mercé in vendita, solo una breve e semplice dichiarazione di un paragrafo: "il birrificio nasce dall'esigenza di avere più birra buona". "Suppongo che il nostro intero slancio sia arrivato dal passaparola. Cerchiamo attivamente di non promuovere noi stessi", dice O'Riordain. "Se qualcuno consiglia una delle nostre birre, si spera che sia perché l’abbia assaggiata e gli sia piaciuta, non perché pensano che sia alla moda. Ho preferito che fosse la birra a parlare”.

Sporadiche le partecipazioni a manifestazioni e nessuna voglia di incrementare l’export visto che quasi la totalità della produzione viene consumata all’interno delle “mura domestiche” che garantiscono sia un’eccellente rete distributiva, sia una conservazione ottimale soprattutto del segmento dedicato alle birre luppolate che di solito hanno una shelf life di quattro/sei mesi (il 70% viene consumato a Londra, il 25% entro i confini Nazionali ed il resto 5% è destinato all’esportazione dove Spagna ed Italia rappresentano i mercati principali seguite da Scandinavia e Belgio). Da non sottovalutare, inoltre, l’aspetto “umano” che regna all’interno del birrificio dove operano una quindicina di persone che periodicamente si scambiano i ruoli “come ho detto, tutti facciamo a turno la birra.Tutti facciamo a turno l'imbottigliamento.Tutti a turno guidiamo il carrello elevatore.A turno, tutti rispondiamo al telefono. Condividiamo tutti determinati interessi e condividiamo determinati obiettivi e ci preoccupiamo delle stesse cose” dichiara Evin. O'Riordain è stato eletto dalla giuria britannica del The British Guild of Beer Writers “Brewer of the Year 2011” ed il birrificio e le birre prodotte sono costantemente ai vertici delle classifiche mondiali di rating.